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Concorso Irpinia Mia 2011 << Indietro

Primo Premio
Premio Ettore Scola
Sez. Poesia
DANNATA TERRA
di Vettorello Rodolfo


Non ho una terra da cantare.
                       Bella
di messi estive e di colori accesi,
non ho una storia
che meriti una pagina di libro.
Al mio paese, il solco da vangare,
si ruba al greto asciutto del torrente
accumulando i sassi, a limitare i campi.
Un lavorio di braccia per patate
e per la fame,
marenghi d'oro, i carri di letame.
L'unica cosa che non chiede un prezzo,
il cielo azzurro a picco sulle crode,
la musica dei bombi e delle api
su fiori miserabili tra l'erba
e l'eco che rimbomba per le strade
quando i bambini dormono la siesta.
Dannata terra
che non ha ulivi e vigne di filari,
né ville sulle alture di colline,
portarti in cuore è un peso che affatica,
come la soma all'asino che sale.
Non c'è orizzonte
in queste valli chiuse, senza sole
e non c'è spazio alcuno per pianure
dove corra lo sguardo, all'infinito.
Le nuvole del cielo solamente
portano altrove il sogno di scappare.
E si prende la strada comunale
per andarsene, come l'emigrante,
a cercare prigioni in altri luoghi:
in fondo alle miniere di carbone
o negli uffici, dietro a scrivanie.
Il cielo di quassù non ha l'uguale,
è una finestra aperta sulla valle,
è l'occhio del Signore che ci guarda,
è il mare per le rondini che vanno,
frecce nell'aria, schegge di metallo,
a radere nei prati gli alti steli,
le cattedrali d'erba dove prega
l'anima inquieta di chi cerca un luogo
cui possa dire:
                       ti ho cercato altrove
ed eri qui, rinchiuso tra le crode,
perduto Paradiso,
                       amata terra.
Amata terra mia, dannata terra.

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Recensione
È fortunata quella terra che genera figli che la colmano d'amore, a fronte di qualsiasi condizione o privazione. "Non ho una terra da cantare, bella di messi estive e di colori accesi" confessa il poeta. Una terra di fatica e di stenti la sua, come tante altre nei più diversi angoli del mondo. Una terra da dove si vorrebbe andare via, con la speranza o forse l'illusione di trovare altrove una vita migliore. Invece, egli la canta la sua terra e la onora, benché dura, aspra, difficile. Il senso di appartenenza si fa strada nel suo cuore e prende il sopravvento. Egli comprende che il Paradiso, cercato invano in altri luoghi, è lì, rinchiuso tra le crode, le dure pietre, dove "l'anima inquieta" si placa nella preghiera, sotto una fetta di cielo che non ha uguali: esso è l'occhio del Signore, che tutto guarda. Amata e dannata al tempo stesso, quella è la sua terra. E più è dannata, più egli l'ama. Come in "Ciao, amore, ciao" del compianto Luigi Tenco, quello dell'emigrazione è un tema molto sentito anche da noi, gente del Sud, che siamo andati e andiamo da sempre "a cercare prigioni in altri luoghi". Toccante il riferimento alla Divina Provvidenza: sa di saggezza, valore da recuperare in questo tempo di smarrimenti e di precarietà. "Dannata terra" è una lirica che prende al cuore. E fa riflettere.
Agostina Spagnuolo
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