Trevico
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Ricordi quando...

In questa sezione puoi inserire i tuoi ricordi di Trevico: la tua fanciullezza, aneddoti, avventure, episodi divertenti e tutte le storie che vuoi condividere con gli altri visitatori.

18/07/2017 9:12

Federico e Laura Caleno

E' una minaccia o una promessa (dipende dai punti di vista): Ritorneremo! Trevico e dintorni. Siamo rimasti incantati! La campagna completamente e abilmente curata, i paesini ristrutturati, silenziosi e ordinati con cura da abitanti eredi di una antica civiltàTutto questo al di là dei monumenti e delle bellezze artistiche forse meno note di altre, a altrettanto affascinanti. In particolare siamo stati colpiti dal Castello di Venosa, in buone condizioni nonostante il terremoto del 1980, e dal Museo Archeologico Anche la visita al Castello di Gesualdo è stata molto interessante soprattutto per la passione che i ragazzi della Cooperativa ci hanno trasmessoTrevico con la Cripta sottostante la Cattedrale e la passeggiata panoramica ci è rimasta nel cuore. Il Palazzo Scola è stato molto ben ristrutturato, il film che abbiamo visto ci ha interessati molte la presentazione e il successivo colloquio con il giornalista Paolo Speranza ha caratterizzato in modancora più positivo la giornata dedicata a Trevico. Non bastano pochi giorni: noi sicuramente torneremo.

18/07/2017 9:01

Decio Iasilli

Trevico, Trevico, Trevico…….sono almeno 20 anni che sento parlare di questo paese della provincia di Avellino: Maria Raffaella Calabrese De Feo, meglio conosciuta come Mariella, non ha mai perso l’occasione per parlarci delle sette meraviglie del suo paese. Abbiamo promesso molte volte di andarci ma non siamo riusciti, noi amici, ad organizzare un viaggio. L’energia di Mariella e il suo amore per quei luoghi ha compiuto il miracolo. Mariella e Marcello hanno organizzato un comodo trasferimento (treno + autobu)s e finalmente il 6 Giugno abbiamo conosciuto Trevico e la sua splendida accoglienza (organo e pasticcini in Cattedrale, prelibati salumi locali a colazione, visita nella casa che fu di Ettore Scola con la proiezione del film Trevico-Torino). La scelta logistica poi è stata felicissima: un piccolo albergo a Vallesaccarda con un ristorante degno della guida Michelin. I giorni successivi abbiamo girato per altri paesi, a noi quasi tutti sconosciuti, tornando a sera sempre a Vallesaccarda. Non voglio fare la cronistoria del viaggio ma riferire le emozioni della scoperta di posti splendidi per storia e monumenti, la passione delle persone che ci hanno fatto da guida, l’attaccamento alla loro terra. Per me, uomo del profondo sud sradicato, è stato quasi un ritorno alle origini e la riconferma delle qualità delle persone di quei posti che avevo dimenticato. Grazie Mariella

01/10/2014 16:17

Rocco Scattino

La fotografia intesa come rappresentazione netta e chiara della realtà. L´obiettivo uno strumento per comprendere e valutare situazioni concrete della vicenda umana. Rifiuto netto di ogni cornice che pretenda di circoscrivere ed ingabbiare il reale per offrirne una visione edulcorata ed addomesticata che concili tutto e tutti.La fotografia così come la intendo io e la vivo nella carne è questa: non teme compromissioni, non cerca appartenenze, non cede alla seduzione di progetti usa e getta e alle lusinghe modaiole del momento.<br>La partecipazione all´Edizione 2014 dell´XI Concorso Irpinia Mia mi ha offerto l´opportunità di esprimere me stesso senza riserve e senza censure sia sul piano professionale sia sul piano umano.<br>La locandina del concorso Mestieri ed Artigianato riporta testualmente: « (…) mestieri legati alle tradizioni e tipicità che raccontano storie di persone che raccontano se stesse attraverso il lavoro manuale». Persone che raccontano se stesse, un richiamo forte dunque ad orientare la mia ricerca nel territorio complesso ed affascinante dei mestieri e della creatività umana. La scelta del banco di lavoro di un calzolaio offre infatti l’opportunità di cogliere la prerogativa di un artigiano impegnato da un lato a fabbricare calzature dall’altro a ripararle attraverso la tecnica paziente della risolatura e del rattoppo. Un lavoro che iniziava al sorgere del sole e terminava al calare della sera fino a quando non si spegneva un lume il più delle volte alimentato ad acetilene. Un lungo grembiule in cuoio l’unica protezione pensata. Una vita di sacrifici certamente ed è stata proprio la riflessione intorno alla realtà quotidiana di un mestiere, quasi un martirio, a dischiudere al mio sguardo una dimensione inedita. Sicché nel caos calmo di una moltitudine di arnesi ferrosi l’occhio si è fermato su chiodi e lesina. Impossibile in quel momento controllare il flusso dei pensieri, in un duello impari tra ragione e inconscio. La lesina, tipicamente usata per creare i buchi in cui inserire lo spago per cucire le suole alle tomaie delle scarpe, ha rivelato il lato oscuro dello strumento di tortura per eccellenza. L’idea plastica dei fori ha restituito alla mia mente l’immagine delle mani e dei piedi del Cristo issato sulla croce del martirio. I chiodi quindi lo strumento estremo della barbarie dell’uomo sull’uomo. Quando l’istante dello scatto languisce quello che resta è lo sbigottimento, la vertigine e successivamente il bisogno di trovare una chiave di interpretazione, forse delle risposte. Ho compreso da figlio del popolo e da meridionale, quale sono e mi sento visceralmente che l’inevitabile rimando alla Crocifissione debba essere messo in relazione stretta al concetto di uomo giusto e di sofferenza tramandati dalla tradizione e che ho vissuto nell’alternanza dei riti e delle stagioni. Il desco del calzolaio per concludere può certamente rappresentare il paradigma di ogni vita che seppur segnata dalla sofferenza riesce, attraverso la creatività, a sublimarsi. Ed ecco allora che la citazione in epigrafe «scuotete la polvere dai vostri calzari» diventa un incitamento a perseverare nel mio cammino umano e professionale percorrendo strade accidentate ma sempre nuove.

02/04/2013 12:00

Carissimi amici di "Irpinia Mia" vi invio questa lettera sperando di fare cosa a voi gradita. Dalla mia raccolta: "Dentro lo specchio dei nostri giorni", il rastrello. Che cosa è un rastrello? Il rastrello, ha la funzione di raccogliere i fili di erba, fieno, paglia, foglie e detriti vari che giacciono sul terreno per poterli riunire in mucchi. L'etimologia del nome lo fa derivare dal latino rastrellus, diminutivo di rastrum. Era infatti un attrezzo conosciuto già in epoca romana. Gli scrittori latini Marco Terenzio Varrone (1 sec. A.C.) e Lucio Giunio Moderato Columella (1se. D.C.) citano il rastrello nelle loro opere rispettivamente. Rerum rusticarum de agri cultura: "...Tum de pratis stipulam rastellis eradi atque addere faenisiciae cumulum", e De re rustica: "At medica obruitur non aratro, sed, ut dix, liugueis rastellis. L'invenzione di questo strumento risale ai tempi ancora più remoti e rappresenta, assieme alla falce e alla forca, lo strumento tipico della fienagione. Come già detto, l'uso più importante del rastrello è stato riservato alla raccolta di erba e fieno. Peraltro, era ed è uno strumento utile anche per raccogliere fogliame, paglia e per pulire la superfice del terreno da sassi radici e altro. Le caratteristiche variano a seconda delle zone e dell'uso: la lunghezza del manico è variabile da 1,5 a 2,5 metri (più corto per l'uso sui pendii scoscesi vedi Trevico) e così pure la lunghezza e la forma dritta o arcuata della traversa sono variabili (più corta se si doveva utilizzare nel bosco). Il numero dei denti (e la reciproca distanza è variabile a seconda del tipo di foraggio e l'asse di infissione dei denti nella traversa può essere ortogonale o ad angolo acuto rispetto all'asse del manico. Come ogni realtà contadina, anche a Trevico, Scampitella e tutta l'Irpinia il rastrello rappresentò uno degli attrezzi fondamentali in agricoltura e nell'allevamento del bestiame. Fino alla introduzione dei sistemi di raccolta del foraggio con macchine raccoglifieno (1960 - 70). Il rastrello rappresentò quindi un attrezzo indispensabile, diffuso e richiesto in quantità elevata. Nei decenni scorsi, quando vi era la necessità di completare la raccolta del fieno in tempi stretti, era usuale ricorrere a squadre di braccianti agricoli impiegate nella raccolta del fieno su vaste superfici prative, dopo che gli uomini avevano falciato l'erba. Tutte le informazioni dettagliate sul rastrello sono tratte da una ricerca da me effettuata: "Dai quaderni del museo; Centro studi per la Val Di Sole. Elrestèl di Andrea Graiff.

16/11/2012 9:44

Elisa Lavanga
Brescia

Gentilissima Mariangela e amici di "Irpinia Mia", ho letto il bando del concorso di quest'anno e sono molto contenta di concorrervi perché il tema "il contadino" mi affascina molto. Il contadino un mestiere antico ormai nella società moderna sta scomparendo, un vero peccato! Bisognerebbe che le istituzioni si occupassero di più del rapporto città-campagna nelle diverse dimensioni, nuove forme di commercializzazione più rapporto con i cittadini, fornitura di servizi e prodotti sono tornata indietro nel tempo e ho rivalutato alcune poesie di Giovanni Pascoli sulle scene contadine. Io ricordo il contadino in questa bella stagione autunnale dove predominano il grano e il vino. Il grano perché si semina, il vino perché si fa in casa. Quell'odore di mosto invade solo al pensiero il mio odorato. Le mele cotogne che ogni massaia attenta alle provviste invernali le serve con il buon vino cotto. E' una ricetta tipica delle nostre zone appunto "l'Irpinia" non parliamo delle caldarroste che consumate la sera davanti al caminetto si commenta da sola la poesia. La sgranocchiatura del granturco dimenticavo anche questa era una festa e veniva accalorata con canti e stornelli dalle giovani, dai ragazzini e dalle anziane donne. In particolare ricordo la gioia di noi bambini che giocavano rincorrendoci sulle numerose foglie secche. Accludo una poesia del poeta Giovann Pascoli.

Lavandare

Nel campo mezzo grigio e mezzo nero
Resta un aratro, senza buoi, che pare
Dimenticato, tra il vapor leggero.
E cadenzato dalla gara viene
Lo sciabordare delle lavandare
Con tonfi spessi e lunghe cantilene;
Il vento soffia e nevica la frasca
E tu non torni ancora al tuo paese!
Quando partisti come son rimasta!
Come l´aratro in mezzo alla maggese

Cordiali saluti

28/05/2012 10:22

TREVICO E IL CAMBIO DEI CAVALLI
Rimangono, di un uomo di passaggio,
memorie lunghe di due volte mille
giri del sole.
Qui ha dormito Orazio,
lo dice una credibile leggenda
che ci racconta come,
per una notte intera, abbia aspettato
che una fanciulla gli dormisse accanto.
Inutilmente aspettano i poeti,
il fascino non hanno dei potenti
né del denaro che li faccia grandi.
Hanno soltanto il dono sciagurato
di una parola che non ha più ascolto.
La tara inesorabile di un canto
con il sapore amaro del lamento.


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